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ALLE SENATRICI - AI SENATORI

 

 

Fernando Rossi

Giorgio Benvenuto

Enzo Bianco

Giuseppe Caforio

Aniello Formisano

Pietro Fuda

Fabio Giambrone

Franca Rame

Giacomo Santini

Giuseppe Scalera

Helga Thaler

Dino Tibaldi

 

 

IIlustri Senatrici e Senatori,

 

Ringraziamo per l’interrogazione presentata al presidente del Consiglio dei Ministri “sui diritti dei disabili” e per l’attenzione dimostrata verso le richieste contenute nella petizione 511, pervenuta in Senato l’11 luglio scorso. Ci permettiamo di esprimere in proposito alcune domande e considerazioni.

Con quale atto legislativo potrebbe essere reso esigibile su tutto il territorio italiano il diritto all’assistenza personale per la Vita indipendente? Le Regioni potrebbero essere obbligate a farlo da una legge dello Stato?

Le regioni sostengono infatti che la programmazione regionale dei servizi sociali e gli accordi di programma realizzati in attuazione della legge 162/98 già oggi includono gli interventi di aiuto alle persone e familiari e i programmi di assistenza personale per la Vita Indipendente. Sottolineano poi che lo Stato si deve limitare a finanziare il Fondo Nazionale Politiche Sociali senza interferire nelle politiche sociali regionali programmate in accordo con le Conferenze dei Sindaci ed attuate in base alla legge 328/2000, ai piani di zona, ai piani locali per la domiciliarità e per la disabilità. Diversamente - dicono - si configurerebbe una violazione della competenza esclusiva che la Costituzione attribuisce alle Regioni in materia di assistenza.

Noi constatiamo amaramente che ne’ la legge 104/92 come modificata dalla “162” ne’ la “328”, ovvero le leggi quadro sull’handicap e sul riordino dell’assistenza sociale in Italia, hanno reso concreto ed esigibile il diritto all’assistenza e all’aiuto personale alle persone con disabilità grave.

La “104” non ha garantito l’esigibilità dei diritti. La “328” che avrebbe dovuto riordinare il quadro delle politiche sociali e definire criteri omogenei su tutto il territorio nazionale non è stata pienamente attuata. Il Governo che avrebbe dovuto definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali in accordo con la Conferenza Unificata Stato Regioni e fissare le quote di partecipazione alla spesa da parte dello Stato, è latitante. Le Regioni che avrebbero dovuto concorrere con risorse proprie alla definizione dei Liveas rimpallano la responsabilità al governo.

Cinque anni di governo Berlusconi e 14 mesi di governo Prodi non sono stati sufficienti a colmare tali enormi lacune, anzi il governo Berlusconi con la finanziaria 2006 ha perfino ridotto del 50% rispetto al 2005 il Fondo Nazionale Politiche Sociali poi parzialmente reintegrato dal governo Prodi.

I Governi di ieri e di oggi e le Regioni sono, ad avviso degli scriventi, inadempienti di fronte alla Legge ed alla Costituzione.

La Costituzione attribuisce infatti alle Regioni la competenza esclusiva delle politiche sociali ed allo Stato la competenza strategica sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale. La Costituzione è assolutamente chiara, la volontà dei legislatori statali e regionali non altrettanto.

Bilanci a parte, non sono forse chiari e precisi i compiti che le Leggi e la Costituzione demandano a Governo, Parlamento, Conferenza Unificata Stato Regioni? Perché Governo e Parlamento non ottemperano?

Il Ministro Ferrero ha dichiarato che nell’azione del Governo non si ravvisa la necessità di estendere i diritti civili e sociali e di dare uniformità sul territorio alle politiche sull’assistenza. Il legislatore che volesse accogliere le istanze avanzate con la petizione presentata in Parlamento in che modo potrebbe dunque intervenire in base alla normativa vigente?

La competenza esclusiva delle Regioni in materia di assistenza entra in conflitto a nostro avviso con i propositi della “328” e complica la situazione. La “328” infatti definisce i principi, lascia alle Regioni i dettagli e delega agli Enti Locali, nei limiti delle compatibilità di bilancio, l’erogazione delle prestazioni assistenziali, ma la cornice costituzionale a cui la legge si era rapportata nel 2000 non è più la stessa. La funzione strategica rimasta in capo allo Stato con la lettera M dell’articolo 117 si scontra in materia di assistenza con la competenza esclusiva delle regioni, indisponibili a concedere intromissioni nella definizione delle politiche sociali locali. Una strettoia che a nostro avviso ha tarpato le possibili traduzioni della “328”.

 L’interrogazione propone la creazione di “appositi fondi da destinarsi distintamente alla voce “vita indipendente” in maniera omogenea in tutte le regioni d’Italia”. A quale fondo o fondi si pensa?

Il Fondo per la Non Autosufficienza, istituito con la legge finanziaria 2007 ma destinato in prevalenza alla popolazione anziana non autosufficiente, non basta e il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS) che finanzia gli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie viene trasferito alle regioni in forma indistinta, ragion per cui il finanziamento previsto a suo tempo per la “162” è anch’esso diventato indistinto. Inoltre i comuni associati rivendicano un protagonismo decisionale nei confronti delle Regioni in quanto l’individuazione sul territorio dei bisogni, delle priorità e dei servizi necessari all’inclusione delle persone con disabilità, svantaggiate o in difficoltà rende necessario decidere in loco l’utilizzo appropriato delle risorse.

Potrebbe essere aggiunto all’attuale FNPS uno specifico finanziamento teso a garantire il diritto all’assistenza personale per la Vita Indipendente e la sua uniformità sul territorio nazionale in attuazione dell’articolo 117, lettera M, anche senza la determinazione dei LIVEAS?

 Il diritto all’assistenza personale per la “Vita Indipendente” continua intanto ad essere inesigibile per l’insufficienza dei finanziamenti e per la discrezionalità degli Enti Locali.

Le Regioni saltano a piè pari il problema e discutono l’istituzione di un proprio fondo per la non autosufficienza finanziato da una “tassa di scopo”, ma non sono intenzionate a finanziare il servizio di assistenza personale per la Vita Indipendente. E anche laddove questo è avvenuto, come in Veneto, con l’istituzione di uno specifico capitolo di bilancio finanziato con risorse della Regione, il diritto all’assistenza autogestita per le persone con gravissima disabilità funzionale e l’impossibilità di far fronte alle necessità della vita quotidiana, non è stato garantito. In primo luogo per l’insufficienza del finanziamento, in parte per le diverse modalità applicative delle ASL e poi per la programmazione regionale che assegnando i finanziamenti ai piani sociali locali ha reso discrezionale ciò che prima era specificatamente normato.

In conclusione: già oggi le Regioni potrebbero stanziare maggiori finanziamenti e rispondere positivamente alle richieste delle persone con disabilità gravissima. Se anche in un prossimo futuro decidessero di farlo, magari perché lo Stato potenzia i trasferimenti del FNPS agli Enti Locali, come potrebbe essere garantita l’esigibilità e l’uniformità di tali interventi?

Chi potrebbe garantire ad una persona con gravissima disabilità di un piccolo comune del sud di poter ricevere lo stesso servizio di una persona con gravissima disabilità di un ricco comune del nord?

Chi potrà evitare che le buone intenzioni delle 20 Regioni e degli 8000 comuni si traducano in 8000 fantasiosi interventi locali?

Chiediamo alle Senatrici e ai Senatori in indirizzo di essere al nostro fianco e di aiutarci a definire una proposta di legge adeguatamente finanziata in grado di dare effettiva esigibilità ad un diritto costituzionalmente sancito e ancora oggi negato.

 

Rispettosamente

 

Elisabetta Gasparini

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Ivano Platolino

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Flavio Savoldi

(This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.)

 

per il “Coordinamento Veneto Comitati Vita Indipendente persone con grave disabilità”

 

Tel:0458010436

 

 

 

Verona 27 agosto 2007

 

 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

 

 

INTERROGAZIONE

Sui diritti dei disabili

 

Al Presidente del Consiglio dei Ministri

 

Premesso che:

 

-recentemente l’ONU ha approvato la Convenzione internazionale sui diritti dei disabili, trattato con il quale si intendono superare i limiti fisici, i pregiudizi e le lacune legislative che impediscono ai disabili di vedere riconosciuti a pieno i propri diritti di esseri umani;

- in Italia, secondo l'art. 39, comma 2, della Legge 104/1992, e Legge 21 maggio 1998, n.162 modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n.104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave (pubblicata G.U. 29 maggio 1998, n. 123) che disciplina gli interventi di assistenza personale autogestita, "Le Regioni possono provvedere, sentite le rappresentanze degli Enti locali e le principali organizzazioni del privato sociale presenti sul territorio, a disciplinare, allo scopo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell'autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita, non superabili mediante ausili tecnici, le modalità di realizzazione di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati per i soggetti che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia";

- con la Legge 67 del 1 marzo 2006, riguardante “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, è entrata in vigore una nuova normativa che risponde a precise direttive dell’Unione Europea, tendente a promuovere la piena attuazione dei principi di parità e delle pari opportunità nei confronti delle persone disabili, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali;

- diverse associazioni e privati cittadini stanno chiedendo al Governo italiano, attraverso una petizione, che è stata annunciata al Senato il giorno 11 luglio 2007 durante la seduta n. 188 (Petizione n. 557), un’importante modifica al comma succitato, attraverso la sostituzione di “possono” con il termine “devono”, al fine di imporre alle Regioni la costituzione di un sistema di assistenza personalizzata ai disabili, consentendo così ai soggetti interessati di indicare quali sono le proprie personali esigenze, al fine di ottenere un servizio più completo e mirato ai bisogni di ognuno;

 

Si interroga:

 

- per sapere se il Governo non ritenga opportuno attivarsi affinché divenga un dovere delle Regioni, e non una semplice facoltà, quello di pianificare, finanziare e realizzare progetti di vita indipendente per le persone non autosufficienti, da mettere in campo anche attraverso la creazione di appositi Fondi da destinarsi distintamente alla voce “vita indipendente” in maniera omogenea in tutte le regioni d’Italia, con l’affermazione dei principi giuridici in base al quale essi siano riconosciuti quali fondi integrativi e non sostitutivi di altri (come la 328/2000, assistenza sanitaria, assistenza sociale, e altre provvidenze economiche), non dovendo essere legati al reddito ISEE, né tanto meno influire sulla reversibilità della pensione dei genitori, in quanto misure volte nel loro insieme a rendere qualitativamente migliore la vita e a tutelare il diritto alla piena dignità dell’esistenza dei propri cittadini disabili.

 

Roma, 24 luglio 2007

Sen. Fernando Rossi

Sen. Giorgio Benvenuto

Sen. Enzo Bianco

Sen. Giuseppe Caforio

Sen. Aniello Formisano

Sen. Pietro Fuda

Sen. Fabio Giambrone

Sen. Franca Rame

Sen. Giacomo Santini

Sen. Giuseppe Scalera

Sen. Helga Thaler

Sen. Dino Tibaldi